Erano quasi le tre, questa notte, quando sono entrato in
quel bar. O forse non c’era per niente, il tempo, a quell’ora, in quel luogo.
Avevo girato a lungo prima, invano, intorno al vecchio edificio, alla ricerca
di qualche apertura dalla quale poter addentrarmi.
Avevo bussato, sempre troppo
timidamente, a diverse porte e finestre, sempre inutilmente. Infine ce l’avevo
fatta e finalmente, adesso, mi trovavo al suo interno. Era così oscuro, così
annebbiato dal fumo, l’ambiente. Era così accentuato il mio sentimento di
solitudine.
Per un silenzioso accordo preso con me stesso, avevo deciso di
andarci per poter osservare più da vicino la mia follia, dare una seppur
approssimativa sistemazione a qualcuna delle mie tante incertezze: “para arreglar el mundo solo sirven tres
cervezas” – diceva qualcuno – tre birre possono riordinare le cose del
mondo…: io desideravo soltanto chiedere
un rum – quello preferito dal mio amico Montero, o anche da Lionel Dobie;
riconoscere il volto di qualche vecchio amico, condividere con discrezione le
sue rispettive, silenziose introspezioni: ci sono angosce la cui pressione si
indebolisce con gli opportuni silenzi di certi momenti. Senza saperlo, ero alla
ricerca di uno di quei momenti. Uno di quei rari momenti.
(...) continua