Come se niente fosse
di Gianfranco Pecchinenda
Dice che stiano cercando un uomo sulla quarantina, di media
statura. Spalle larghe, bruno, con pochi capelli, occhi neri. Sono già passati
almeno un paio di volte, durante il mio turno. Sia di sera sia di notte.
Durante la giornata non lo so. Non credo si facciano mai vedere di mattina.
Comunque non lo so, non ne sarei tanto sicuro. A volte – dice – gli piace irrompere
così, un po’ di sorpresa. Pare godano molto nel vedere la faccia meravigliata
dei ricercati.
Ti sto avvisando perché ci conosciamo ormai da tanto tempo,
ma so bene che non sono fatti miei. Ho sempre creduto che, quando arriva il
momento, sia meglio non farsi sorprendere. Almeno non troppo. Se ho capito un
po’ il carattere delle persone, dopo tanti anni che lavoro dietro questo
bancone, ho l’impressione che tu sia uno di quelli che preferirebbe saperlo con
un po’ d’anticipo, uno di quelli che fino alla fine vorrebbe cercare di
evitarli, di sfuggirgli in qualche modo.
Ti sto avvisando anche per questo, perché ho capito che non
sei di quelli che amano fare casino, e non solo per non mettere in cattiva luce
il locale del padrone, che è una così brava persona, e nemmeno per mettere in
difficoltà me, che in fondo sto solo cercando di alleviarti quantomeno lo
spavento dell’inatteso. Evitarli sì, sfuggirgli pure, casomai fare qualche
furbata per provare a prenderli in giro, con tutta quella serietà e quell’aria
di onesta benevolenza che si portano dietro e a cui sembrano però non credere
più neppure loro.
(...) continua
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