sabato 17 luglio 2010

Il prezzo del linguaggio

Tutte le specie viventi più evolute, prima o poi, si estinguono. Le civiltà intelligenti, hanno una durata limitata. Il progresso di una specie si misura sempre a posteriori: nel senso che di solito lo misura qualcun altro. Dopo che la specie si è estinta.
Se questo è vero (e sarebbe davvero difficile negarlo), agli studiosi non resta che il compito, affatto agevole, di cercare i motivi, le ragioni di ciò. La ricerca del colpevole, insomma.
Una brillante soluzione, sulla base di originali e pregevoli indizi, nonché sulla base di seri studi, la propongono Alessandra Falzone e Antonino Pennisi, in un bel libro dal titolo “Il prezzo del linguaggio. Evoluzione ed estinzione delle scienze cognitive” (Il Mulino).
Il colpevole sarebbe appunto IL LINGUAGGIO. E più precisamente il linguaggio ARTICOLATO. Il linguaggio però inteso per quello che è: “una funzione cognitiva profonda, quel filo di ragnatela con il quale abbiamo intessuto attorno a noi una nicchia ecologica simbolica alla quale ora dobbiamo adattarci, il bozzolo oltre il quale non si intravede alcuna farfalla. Più ci divincoliamo, più ci imbriglia. Cosicché inevitabilmente, come per una sindrome di Stoccolma evoluzionistica, l’uomo si sarebbe innamorato del proprio carceriere.
Il colpo di scena, infatti, è che proprio questa centralità innegabile del dispositivo linguistico sarà fatale a noi animali aristotelici. Non c’è via di fuga, perché ciò che maggiormente ci ha reso umani è anche ciò che beffardamente ci avvicina alla fine” (Telmo Pievani, nell’Introduzione).
Anche se, probabilmente, all’interno della complessa trama del lavoro non mi sembra si dedichi la sufficiente e necessaria importanza al ruolo così fondamentale di un altro genere di linguaggio umano specifico, ovvero quello strettamente connesso all’emergere e alla diffusione dell’autoconsaspevolezza (dunque il linguaggio autoriflessivo), il libro appare assolutamente da leggere e studiare.

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