domenica 27 giugno 2010

Letteratura e Memoria: Proust, Nabokov, Welty...

Tesi senza prove, il saggio letterario propone, suggerisce, insinua; aspira alla persuasione affidandosi alle linee guida consigliate dalla retorica, nel suo versante più creativo: l’argomentazione.
Chiedersi qual è il ruolo della memoria nell’invenzione letteraria – nel processo creativo della letteratura – presupporrebbe comprendere come, in ogni essere umano, e non solo in uno scrittore, il passato influenzi il presente non meno di come il presente influenzi il passato, nel gioco di una doppia prospettiva. Tanto nell’autobiografia come nel racconto, la memoria rappresenta il rovescio della trama, il lato oscuro della luna. Già nel 1932 l’inglese Frederick Bartlett, in un’analisi su L'immaginazione in Shakespeare, in largo anticipo sugli attuali studi neurobiologici, aveva intravisto come il movimento perpetuo della memoria presupponesse una ricostruzione immaginativa del materiale ricordato.
Marcel Proust aveva intuito che nel processo del ricordo viene sempre incorporato un fattore aggiunto alla cosa reale, all’esperienza resuscitata attraverso l’immaginazione, come se la memoria giocasse il ruolo di colei che inventa un’altra “realtà”, apparente o immaginata, che si adatta a qualunque istante del passato. In questa trasfigurazione riveste un ruolo significativo la componente emotiva, in quanto né la coscienza né la memoria rivivono senza le tinte che le fornisce l’emozione.
“C’è una grande differenza tra la vera impressione che abbiamo avuto di una cosa e l’impressione fittizia che ci procuriamo quando tentiamo volontariamente di rappresentarcela”, dice Marcel il narratore alla fine de Il tempo ritrovato. Non è la memoria ricercata intenzionalmente, con gli strumenti dell’intelligenza, ma è la memoria involontaria l’unica che ci lascia godere della stessa sensazione in una circostanza totalmente diversa: “La liberano da ogni contingenza, ci trasmette l’essenza extratemporale, quella che costituisce precisamente il contenuto dello stile elevato, di quella verità generale e necessaria che solo l’innalzamento dello stile è capace di riflettere”.
La memoria volontaria (una memoria dell’intelligenza e degli occhi) non ci restituisce il passato ma volti sprovvisti di verità.
Ma se un odore, un sapore recuperati in una circostanza completamente diversa, risveglia in noi, indipendentemente dalla nostra volontà, il passato, allora notiamo quanto tale passato era diverso da ciò che noi credevamo di ricordare, passato che la nostra memoria volontaria dipingeva con colori privi di verità.
Così per Proust è solo dai ricordi involontari che un artista dovrebbe estrarre la materia prima della sua opera.
In primo luogo, proprio perché sono involontari – perché si formano da sé, attratti dalla somiglianza di un minuto identico – questi ricordi “sono gli unici che possiedono un’impronta di autenticità. Inoltre essi ci restituiscono le cose dosando adeguatamente le quantità necessarie di memoria e di oblio.”
Ciò che colpisce Vladimir Nabokov è l’uso che la memoria fa di certe armonie quando essa, la memoria, dispiega le erratiche tonalità del passato.
Così come Proust, Nabokov e altri, si potrebbe pensare alla musica come a una metafora della capacità che la memoria ha di raggruppare, a partire dal flusso del tempo, qualunque possibile quantità di immagini e fatti che, per quanto triviali, nascondono una tonalità emotiva tale da renderle in qualche modo connesse tra loro.
La memoria, dice Patricia Hampl, deve essere trascritta in quanto ognuno di noi deve mantenere una sua propria versione creata del passato: “Creata: vale a dire reale, tangibile, fatta della materia di una vita vissuta in un luogo concreto e nella storia”.
A Toni Morrison la memoria è servita nella creazione della sua opera romanzesca in quanto essa “accende un processo di invenzione” e perché lei, Toni Morrison, non poteva attendere che la sociologia o la letteratura di altri autori la conducessero verso la conoscenza della verità delle sue stesse fonti culturali.
In Eudora Welty l’esperienza della memoria ha altre matrici:
“Ogni qual volta scopriamo qualcosa, ricordiamo. Ricordando, scopriamo. E questo lo sperimentiamo con maggior intensità quando i nostri viaggi interiori convergono…
In questi punti di convergenza la nostra esperienza esistenziale rappresenta uno dei territori più drammatici in cui vive la fiction…
E la maggior convergenza di tutte è quella che rende possibile l’esistenza della memoria umana e individuale…
La memoria che io possiedo è il mio tesoro più prezioso, tanto nella mia vita come nella mia opera di scrittrice…
Qui, anche il tempo è oggetto di una convergenza…
La memoria è qualcosa di vivo, qualcosa che si trova in transito. E mentre sura il suo istante, tutto ciò che si ricorda si unisce e vive: ciò che è vecchio e ciò che è nuovo, il passato e il presente, i vivi e i morti.”

Nessun commento:

Posta un commento